locandina-definitiva-e1393512224435Ci può parlare di lei?

Volentieri, sperando che non risultino troppo noiosi i dati tecnici!

Sono nata a Forlì, dove vivo e lavoro; nel 1995 ho ottenuto il diploma accademico quadriennale con lode in Decorazione e Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, discutendo la tesi: L’arte romantica come nuovo sentimento della natura: Caspar David Friedrich. Poi ho ottenuto nuovamente la lode nel Biennio specialistico in Comunicazione e Didattica dell’Arte, presso la stessa Accademia (2008-’10), discutendo la tesi: Le dimore e le stagioni.

Ho insegnato disegno e storia dell’arte presso le scuole medie inferiori ed attualmente tengo laboratori d’arte nelle scuole. Disegno e dipingo con entrambe le mani utilizzando varie tecniche: principalmente olio, grafite e carboncino, ma anche acrilico, acquerelli, pastelli. Amo moltissimo anche la tecnica dell’incisione, specialmente l’acquaforte, forse perché si basa sul disegno, che è il mio primo e grande amore. Ho sempre disegnato e tuttora disegno moltissimo.

Negli anni ho esposto in mostre personali a Forlì, Faenza, Ravenna, Bertinoro, Firenze; e in collettive a Ravenna, Faenza, Arezzo, Salisburgo, Forlì, Roma, Venezia, Rieti, Lignano Sabbiadoro, Londra e partecipato a varie iniziative culturali.

Su commissione, nel 1998, ho dipinto la Pala d’Altare mariana Portatrice di Luce per la chiesina S. Maria delle nevi in località turistica Sassotetto di Sarnano, ora a San Severino Marche (MC) presso il Centro Studi dell’Istituto Croce Bianca. Nel 2000 mi è stato commissionato il manifesto diocesano per il Giubileo del 2000.

Potete trovare mie opere in collezioni private in Italia e all’estero, presso la Pinacoteca Francescana di Falconara Marittima (per la quale ho dipinto nel 2004, su invito, l’opera Armonia, attualmente in mostra permanente) e a Roma (sede ACAI); le stesse appaiono anche in copertina ed interni del CD Time to rise (Tempo di risorgere, 2004) del gruppo metal H. ed altre appartengono inoltre all’attrice Rossella Falk e ai cantautori Angelo Branduardi, Luca Barbarossa e Alberto Solfrini.

Nel 2001 ho illustrato la fiaba Il fedele Sultano nella raccolta Racconto fiabe!… Fiabe a bigonce… – Servono ancora le fiabe per i bambini? a cura di O. Bartolini.

Dal 2005 al 2009 ho inoltre tenuto mostre personali – tessendo un legame iconico cinema-pittura – all’interno di Sedicicorto International Film Festival Forlì. Dal 2010-‘12 ho partecipato alle collettive organizzate da Sedicicorto IFFF.

  • Quando è nata la sua passione per la pittura?

… Penso che sia nata prima di me! Ho però due ricordi chiarissimi: mentre a tre/quattro anni girovagavo nel giardino per trovare sassi piatti sui quali disegnare espressioni di volti molto colorati: da una parte un volto gioioso e dall’altra un volto triste; insomma, le ipotesi della vita. E quando a circa cinque anni vidi per la prima volta un volto di Leonardo da Vinci (in casa ne avevamo una semplice riproduzione cartacea, che conservo tuttora), detto La scapigliata: un disegno preparatorio che ho visto dal vivo la scorsa estate all’interno della mostra su Leonardo L’uomo universale presso le Gallerie dell’Accademia a Venezia (città per me molto importante, come accennerò dopo). Ero molto piccola quando lo vidi la prima volta, ma ricordo la grandissima impressione che mi fece, come se avessi scoperto un tesoro: ricordo che mi colpì come una freccia, un fulmine a ciel sereno. Lì “decisi” che “da grande” sarei diventata pittrice.

Ci sarebbe molto da dire anche su Venezia, città che amo moltissimo e nella quale passo almeno qualche giorno, tutti gli anni, da una decina d’anni. Venezia fu tappa fondamentale del Grand Tour del 1700, luogo d’eccezione della pittura tonale, ma allo stesso tempo così in contatto con la cultura del nord, specialmente di area tedesca – alla quale mi sento da sempre istintivamente molto legata – . Nel Rinascimento Venezia dialoga intensamente anche con la cultura toscana. A Venezia assume grande importanza la pittura che guarda al dato naturale, al paesaggio, ma anche alla luce in tutte le sue varianti (Monet vi operò lungamente). Ed ebbe moltissima importanza l’incisione di molti artisti “foresti” che a Venezia sostarono, portando così alcuni influssi della grande tradizione del nord: anche Dürer vi soggiornò… Insomma: Venezia racchiude moltissimo del mio sentire. Considerando poi che mio padre era per metà di famiglia romagnola e per metà di famiglia veneta; che mia madre è di famiglia bolognese e mia nonna materna proveniva da un paese bolognese molto vicino alla Toscana; che la mia trisnonna paterna era austriaca… Non posso non ritrovarmi, al di là del dato istintivo, in tutto quanto è appena stato citato!

  • Per una artista, quali sono i colori che danno più valore ad un dipinto?

Non so per altri (avrei risposte, o ipotesi di risposte diverse per ogni artista che conosco), ma sicuramente per me il colore fondamentale è il blu, in tutte le sue varianti, dalle più calde alle più fredde, virando verso il rosso o verso il giallo. L’ho usato sempre seguendo l’istinto, ma riflettendoci il blu è il colore del cielo e del mare, due elementi per me fondamentali anche come soggetti pittorici (nonché di continua osservazione); è il colore degli spazi aperti e liberi, della calma non passiva, dell’idealità, del divino, dell’armonia.

Amo però anche accendere la composizione contrapponendo colori caldi, creando contrasti tra complementari: adoro la lacca di garanza. E poi non manca mai nella mia tavolozza il giallo di Napoli, il colore della luce e, nelle sue variazioni, dell’aurora e dell’incarnato.

  • Abbiamo visitato la sua bellissima mostra; è divisa in varie stanze da cui emergono diversi temi, come l’uomo, il padre, il viaggio, la Madonna, l’amore. Ci potrebbe spiegare che significato hanno?

Molto volentieri.

Ho sempre dipinto per esigenza, non per un piacere che si esaurisse sul momento, e la mia poetica – che negli anni si è arricchita, spero! – non è però cambiata nella sua sostanza più profonda: l’arte rappresenta per me la ricerca del Vero, quella ricerca che si agita in ogni uomo.

Nelle mie albe luminose, nelle mie tempeste, o comunque nei fenomeni visibili cerco sempre di rendere l’invisibile. Ogni rappresentazione della realtà diviene così paesaggio simbolico dell’anima ed è per questo che non manca mai la luce che rischiara le tenebre; come non manca quasi mai l’acqua, che per me è energia vitale, purificazione, cambiamento nel suo continuo scorrere; come spesso è presente l’albero, che affonda le radici a terra e tocca con le fronde il cielo, unendo questi due principi.

Per questo io non potrei mai definirmi una paesaggista o una ritrattista: gli elementi tratti dal reale mi servono come mezzo per condurre ad altro.

Anche nel “ritratto”, ogni elemento è descritto nei particolari solo se è importante per veicolare lo spirito dell’opera non solo sulla somiglianza (che alla fine viene da sé), ma per focalizzare l’attenzione sul significato che questa ha per me, per cui è scattato il mio interesse riguardo ad essa. In uno sguardo, insomma, mi interessa molto di più ciò che posso leggervi dentro, e come per un tempo posso sentire la realtà attraverso di esso, rispetto alla bella forma dell’occhio o al suo colore. Quindi, la pratica del “ritratto” non è avulsa rispetto al “paesaggio”: dentro agli sguardi ritrovo quegli stessi luoghi di riflessione, passione o solitudine; ritrovo inoltre le linee-forza, ascensioni e discese di curve e linee, pieni e vuoti, mentre inseguo la coerenza dell’immagine, in sé e percepita, unita (come dicevo, in taluni casi) alla somiglianza.

Le tematiche relative alla natura, al viaggio e all’uomo nella mia poetica sono strettissimamente connessi. Con le figure umane che, solenni e remote, a volte, accompagnano i miei scenari, vesto una sorta di identificazione, permettendo allo spettatore di fare la medesima cosa: spesso queste figure sono di spalle, perché ci fanno da guida; osserviamo attraverso i loro occhi – che spesso non vediamo – che ci traghettano dentro l’opera.

L’interpretazione ultima di ogni dipinto – che ha per me un significato ben preciso, perché è stato creato in un momento determinato – e di tali figure, siano esse riconoscibili o meno, è lasciata alla sensibilità individuale. Per me sono pellegrini in transito nell’esperienza terrena.

Per questo, dicevo poco fa: i miei cosiddetti “paesaggi”, i miei cosiddetti “ritratti” ed il tema del viaggio sono strettamente correlati. Il viaggio, il viandante (der Wanderer per i Romantici), il pellegrino (lo preferisco, perché il pellegrino ha una meta: io sono credente e sono incamminata verso una destinazione, non vago nel nulla: l’affrontare anche tematiche sacre è una normale conseguenza e la figura di Maria, anch’essa pellegrina nella sua umanità, è veramente fantastica); dicevo: la figura del viandante si lega fortemente anche al concetto dello scorrere del tempo, sempre molto presente nella mia poetica. Le cito alcuni titoli di mie opere che negli anni si sono avvicendati, per spiegarmi con esempi pratici: Attimi d’eterno, Bagliori sulla traversata, Erranza, L’alba di un lungo inverno, Albori, Altitudini, Altrove, Ciclicità, In sogno, Incanto, Eterno canto, D’improvviso, Hic alibi est, Limen, Un nuovo inizio, Notte di Luce, Passato, Viaggio fantastico, Pellegrini della luce, Un lungo inizio, Prime luci, …. fino ad Illuminazioni.

Riguardo ad Illuminazioni, può sembrare strano curare, ed allestire con altrettanta cura, una mostra virtuale di pittura – dato che la pittura è anche materia -, ma non lo è pensando a certi generi di pittura (ai quali la mia appartiene da sempre) che si muovono in uno spazio/tempo che vuole essere più mentale che fisico; che rimanda al sogno, alla fantasia, alla rêverie. Lo spazio/tempo sul quale ci siamo incamminati è allora una “terra di mezzo”, un piano inclinato, privilegiato, che, per questa sua natura apparentemente “impropria”, permetterà a tutti di partecipare, da qualunque luogo e in qualunque momento, dilatando queste categorie con le quali la mia pittura dialoga da sempre.

Anche la musica di sottofondo è molto importante, perché è stata composta appositamente sul mio excursus pittorico da un amico cantautore, Alberto Solfrini, nel 2005: è la sua visione del mio mondo; è il suo ultimo lavoro realizzato in alcuni giorni e notti e l’aver inserito questo completamento musicale è per me la quadratura del cerchio.

  • È stata lei a volere che Marco Papasidero, che dirige la rivista Tempovissuto, scrivesse le bellissime poesie?

No, non è stata una mia idea, ma quando ho letto i primi abbozzi e poi i brani compiuti non ho potuto che trovare interessante il taglio che Marco, valente scrittore, aveva voluto dare all’esposizione. E lo ringrazio. Tempovissuto è un ambiente in continua evoluzione, che ha molto da dare: i fratelli Papasidero, che lo hanno creato, si stanno dedicando con tutte le forze ad un’opera coraggiosa: la scelta della gratuità del loro servizio non è da poco. E sono felice che l’e-book In cerca di Dio, il primo libro di Marco, appena uscito, sia già così scaricato.

Come in questa mostra, che ha un suo preciso itinerario, in ogni mia opera c’è in realtà un percorso che sempre la precede, che mi ha condotta fino a lì, un percorso unico e ampio con tante diramazioni; ogni opera è l’eternarsi di una tappa o di un istante, di una bagliore, di una folgorazione, di un’illuminazione, appunto.

  • Ci racconta che cosa le accade e che emozioni prova quando deve preparare una mostra con i suoi dipinti?

E’ sempre un momento molto importante, che preparo con molta cura sapendo che ho una mia idea da proporre e che, una volta presentata agli occhi del mondo, riceverò moltissimi nuovi stimoli in cambio.

Il lavoro speculativo si allaccia sempre a quello tecnico, materiale: si passa dal pensare al percorso che si intende comunicare e a come proporlo… a dove posizionare una luce perché dia il giusto effetto all’opera e al corpus di opere. E’ una grande soddisfazione, ma prima anche una grande fatica sia mentale sia fisica, un lavoro certosino e serissimo.

  • Che cosa la ispira di più nel suo lavoro?

Direi un po’ tutto, io sono un’entusiasta della vita. Se dovessi scegliere, direi però la natura, con i suoi colori, la sua musica, i suoi profumi, i suoi contrasti, le sue forme, la sua potenza, le sue variazioni nelle diverse stagioni: uno spettacolo in continua evoluzione, davvero strabiliante. Non c’è un chiaro di luna che sia uguale ad un altro, non c’è un movimento di foglie che abbia lo stesso suono della precedente giornata di vento, non c’è primavera che abbia l’esatto profumo di quella che la seguirà. Ma sono rapita anche dai volti, specialmente dallo sguardo, che ha in sé un potenziale infinito.

Mi ispira moltissimo il cinema, che con la pittura condivide il medesimo linguaggio iconico, così come la fotografia (anche se in modo diverso). E poi la musica è fondamentale: ha moltissimo in comune con la pittura; non per nulla si parla di suoni chiari e suoni scuri in musica o di tonalità in pittura e non a caso Kandinskij scrisse: Il colore è un tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce, l’anima lo strumento dalle mille corde.

Questo ha tanta analogia anche con la letteratura, la poesia: sono una lettrice accanita e credo fermamente nel valore di curare e nutrire l’immaginazione, e soprattutto lo spirito, non come evasione ma come ulteriore possibilità per leggere meglio (scusate il gioco di parole!) la realtà.

In un’opera d’arte, a mio avviso, ciò che conta di più è proprio l’evocazione, non la descrizione analitica e precisa, ma la suggestione, il tentativo di trasportare, di rapire il fruitore per sospenderlo in un mondo a parte, anche se solo per un attimo. E di condividere lo stesso percorso, oppure di suggerirne e stimolarne uno nuovo: mi piace moltissimo ascoltare il visitatore che mi parla di quello che sente quando si trova di fronte ad una mia opera e del viaggio che intraprende e mi piace sempre fare un tratto di strada insieme.

Katia Belloni